Euronews.org / Intervista Ambasciatore del Guatemala. 16 aprile 2012
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Aprile / 16 / 2012
Di: Rainero Schembri

Diplomatico di carriera con il grado di Ambasciatore straordinario e plenipotenziario, Trinidad è stato due volte viceministro degli Affari Esteri, occupandosi soprattutto d’integrazione Centroamericana e di cooperazione internazionale, anche nel campo della sicurezza. Profondo conoscitore dell’Italia (parla perfettamente la nostra lingua) Trinidad è stato anche capo delegazione del Guatemala nelle negoziazioni dell’Accordo di Associazione Unione Europea – Centro America. Ambasciatore in Italia dal 2009, Trinidad è inoltre rappresentante permanente presso la Fao, l’Ifad e altri organismi internazionali. Premiato dal Presidente italiano Giorgio Napolitano dell’Ordine della Stella della solidarietà italiana, Trinidad è fortemente impegnato anche come vice Presidente dell’IILA, l’Istituto Italo Latino Americano con sede a Roma, da lui considerato uno strumento formidabile per promuovere l’America Latina in Italia e l’Italia in America Latina.
Ambasciatore, forse è bene cominciare dalle cose negative. Purtroppo in Italia l’immagine del Guatemala viene spesso collegata alla guerra civile, alla forte presenza del narco traffico, alle violenze subite dagli indios, all’altissima criminalità, allo storico ruolo negativo dell’esercito. Fino a che punto questa immagine corrisponde ancora al vero?
Indubbiamente la nostra storia è stata una storia difficile, sofferta e per molti versi ingiusta soprattutto nei riguardi dei più poveri. In molti casi abbiamo ricevuto la violenza dall’esterno e offerto in cambio i nostri morti. E’ il caso attualmente del narcotraffico. Dopo che grandi Paesi come la Colombia e il Messico hanno deciso di combattere radicalmente i narcotrafficanti, molti di essi si sono riversati nel Centroamerica e in Guatemala, un Paese piccolo con scarsi mezzi anche per lottare contro il narcotraffico. Naturalmente ci sono stati anche fattori interni, come la povertà e il sottosviluppo che hanno alimentato molteplici contrasti d’interesse, oltre a determinare disuguaglianze e ingiustizie sociali a livelli spesso insopportabili.
Comunque lei non può negare che in questo quadro un ruolo molto negativo ha svolto l’esercito con la conseguente nascita degli squadroni della morte. Non a caso il presidente americano Jimmy Carter aveva sospeso ogni fornitura di armamenti all’esercito guatemalteco perché ritenuto responsabile di pesanti delitti contro l’umanità.
Preferisco non commentare la decisione americana anche perché, per rigore di completezza, andrebbero dette anche tante altre cose. Ad ogni modo, è innegabile che delle violazioni ai diritti umani siano state compiute dalle diverse parti, come ratificato dalla Commissione per la Ricerca della Verità. Tuttavia, anche all’interno dei militari c’erano delle posizioni molto differenziate. Una parte dell’esercito era contro i soprusi e ha cercato di frenare gli eccessi. Non dimentichiamo, poi, che vivevamo in piena guerra fredda dove la lotta al comunismo e all’anticomunismo è stata per molti un buon pretesto per giustificarsi. Paradossalmente superata questa fase, con il conseguente ridimensionamento del ruolo dei militari dopo gli Accordi di pace, è venuta a mancare una forza di polizia sufficientemente preparata a contrastare la presenza del crimine organizzato e la delinquenza alimentata anche dalla grande povertà.
Ma se è vero che da un lato il Guatemala vive una stagione di democrazia, dall’altro rimane il fatto che l’attuale Presidente, Otto Perez Molina, è un ex militare. Non c’è il pericolo di un ritorno al passato?
Assolutamente no. Il Presidente Perez Molina è stato eletto democraticamente dal popolo ed è subentrato ad Alvaro Colom, ideologicamente diverso. Inoltre, il Generale Perez Molina sul piano militare é stato il rappresentante dell’esercito nelle negoziazioni di pace con i Comandanti della Guerriglia ed è firmatario degli Accordi di pace. Comunque, la cosa più importante è un’altra.
Quale?
Dopo tanti anni di conflitto finalmente, come già detto, sono stati sottoscritti gli Accordi di Pace e quindi l’intero Paese è ormai concentrato, anche se su posizioni diverse, a raggiungere una vera pace sociale e a rafforzare sempre di più l’attuale processo democratico, l’unico in grado di garantire un vero sviluppo, riducendo le disuguaglianze e creando nuove condizioni interne e internazionali. Condizioni capaci, in sostanza, di far cambiare volto al Guatemala. Oggi siamo, ad esempio, per prima volta nel Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite. Inoltre, all’interno dei partiti, del Parlamento, e del Governo siedono tutti coloro che per anni si sono combattuti e che sono pienamente consapevoli del fatto che la stragrande maggioranza dei guatemaltechi ha detto basta alle dittature e alle disuguaglianze. Il Presidente Perez Molina, nonostante i gravi problemi che permangono, è fortemente impegnato a proseguire su questa strada.
La pacificazione nazionale è sicuramente una cosa buona ma non basta per attirare gli imprenditori stranieri. Che cosa offre oggi di veramente attrattivo il Guatemala?
Guatemala é un Paese che ha avuto una crescita del PIL nel 2011 del 3,3 %. E’ il Paese capofila dell’integrazione economica del Centroamerica che rappresenta l’ottava economia dell’America Latina. Inoltre, è il Paese più vicino al grande mercato nordamericano ed è un Paese con tutti i microclimi possibili: dalle spiagge possiamo salire fino ai 4.221 m. del vulcano Tajumulco (non a caso siamo già nell’elenco dei Paesi Megadiversi). Infine, la Corporazione Interamericana per gli Investimenti, della quale l’Italia fa parte, ci considera il quinto paese dell’America Latina per gli investimenti delle piccole e medie imprese.
Senza avventurarmi in paragoni che non hanno senso, mi fa piacere ricordare lo sviluppo registrato dall’Italia, ad esempio, nel settore agrario dopo la fine della seconda guerra mondiale, cioè, in condizioni difficilissime. E’ per questo che non mi spaventano le difficoltà. In ogni caso, chiunque oggi decida di venire in Guatemala e non solo per fare profitti ma anche per partecipare alla crescita del Paese troverà le porte aperte, anzi, spalancate. Tutto il nostro programma di crescita economica è basato su questo principio.
Ci può descrivere, in estrema sintesi, il vostro piano di sviluppo economico.
Innanzitutto il Guatemala da molto tempo non punta più sulla monocultura che ci ha visto in passato produttori quasi esclusivamente di banane, caffè, cotone e qualche altro prodotto. Oggi stiamo cercando con enfasi a promuovere lo sviluppo rurale, a diversificare le produzioni, a meccanizzare l’agricoltura, a sviluppare l’industria agroalimentare a beneficio del 70% della popolazione, soprattutto attraverso una rete di piccole e medie imprese. Per raggiungere quest’obiettivo dobbiamo necessariamente rafforzare le nostre infrastrutture. Ad esempio, creando un’articolata rete stradale che colleghi ogni angolo del Guatemala. Un grande sviluppo sta avvenendo anche nel campo dell’edilizia convenzionata.
Siamo, poi, impegnati in campo energetico. Oltre al petrolio sviluppiamo le energie rinnovabili. Una grande attenzione viene, inoltre, dedicata al turismo: il Guatemala è un Paese bellissimo e con una storia secolare. Molti degli insediamenti Maya, ad esempio, possono nei prossimi anni trasformarsi in grandi centri di attrazione turistica. Inoltre, tutta la costa del Pacifico è ricca di spiagge ancora poco sfruttate. Infine, stiamo dedicando un notevole sforzo all’ammodernamento dell’intero settore agroindustriale che per noi rimane di primaria importanza. Ma vorrei aggiungere un’altra cosa.
Prego
Paradossalmente il Guatemala nel perseguire un accelerato processo di sviluppo sogna di smantellare la sua prima fonte di reddito: le rimesse dei lavorati costretti a emigrare all’estero. Noi vorremmo che la crescita del Paese consentisse a tutti i guatemaltechi di vivere e lavorare nel proprio Paese. Detto ciò, rimane il fatto che il costo del lavoro ancora è estremamente competitivo in Guatemala.
Molti imprenditori ritengono che il dominio nordamericano sia ancora troppo forte in Guatemala. In passato la United Fruit Company, oggi United Brand, ha praticamente controllato l’intero sistema agroindustriale del Paese. Cosa ci può dire in merito?
Le cose oggi stanno in una maniera molto diversa, anche se i rapporti commerciali con gli Stati Uniti rimangono forti. Ma questa situazione la ritengo anche un’opportunità, nel senso che il Guatemala rappresenta attualmente un’eccellente piattaforma per produrre ed esportare negli Stati Uniti, in Canada e in Messico. In ogni caso, svolgiamo un ruolo importante all’interno del Mercato Comune Centroamericano e siamo molto aperti verso altri Paesi, in particolare verso tutta l’America Latina. Inoltre, guardiamo con grande attenzione all’Europa con la quale il Centroamerica sta per firmare l’accordo di quarta generazione, denominato Accordo di Associazione, che include il commercio e che renderà i rapporti più stabili e giuridicamente sicuri.
Ma noi non abbiamo aspettato la firma di quest’accordo: il 1 dicembre dell’anno scorso ‘Pollo Campero’, la grande catena alimentare guatemalteca presente in 14 Paesi con 400 restauranti, è sbarcata in Italia. E’ già a Vimercate in provincia di Monza. Presto gli italiani potranno assaggiare in numerosi Centri Commerciali il nostro pollo cotto a pressione e cucinato con una ricetta segreta e che sta riscontrando un grande successo in tutto il mondo.
In ogni caso, anche attraverso l’Accordo UE-America centrale, l’Italia ha tutte le possibilità per inserirsi nei vari progetti di sviluppo. Invito, quindi, caldamente imprenditori e operatori economici italiani a farsi avanti senza pregiudizi e timori: la nostra ambasciata è aperta a tutti.
Ambasciatore, in sostanza, verso dove sta andando il Guatemala?
Da solo il Guatemala, come tutti i Paesi, non può andare molto lontano. Il nostro futuro è legato all’America Centrale, all’intera America Latina, ai nuovi rapporti ed equilibri che si stanno creando nell’era della globalizzazione. In questo contesto dobbiamo saper sfruttare al meglio tutti gli strumenti che sono a nostra disposizione. Io mi trovo in Italia e quindi penso anche all’Istituto Italo Latino Americano. Un Istituto Internazionale creato nel 1966 con una visione politica straordinaria ma che deve essere aggiornato al XXI secolo. Si tratta di uno strumento che innanzitutto noi latino americani dobbiamo volere e sapere sfruttare di più.
Oggi l’IILA è già impegnato in numerosi incontri, conferenze, mostre e altre attività che hanno come scopo quello di avvicinare l’Italia al Continente latinoamericano. Ma occorre andare oltre e perfezionare alcuni meccanismi. Occorre, ad esempio, estendere l’attività dell’IILA anche in altre regioni italiane. E lo stesso deve fare l’IILA in America Latina, incrementando anche la presenza dell´Italia nei nostri paesi. Inoltre, è necessario incidere maggiormente sull’immagine dell’America Latina. Se è vero che negli ultimi anni l’Italia e l’Europa hanno un po’ dimenticato il nostro Continente, probabilmente è anche vero che l’America Latina non ha compiuto tutto il possibile per farsi conoscere e per far conoscere la nuova e promettente realtà che sta attraversando l’intero Continente. Si tratta di un’attraente sfida per tutti.