Entrevista a la SG Cavallari para «Mondo Capovolto» – newsletter del «Corriere della Sera»
Intervista / «Diplomazia giuridica made in Italy: un modello di lotta contro narcos e corruzione»
(Sara Gandolfi) Antonella Cavallari, segretario generale di IILA, organizzazione internazionale che riunisce 20 Paesi dell’America latina e l’Italia, spiega ai lettori di Mondo Capovolto una innovativa forma di cooperazione internazionale: la diplomazia giuridica.
Di cosa si tratta?
«La diplomazia giuridica utilizza gli strumenti tipici della politica estera – incontri, accordi, progetti di cooperazione, grandi conferenze internazionali – per favorire l’“esportazione” di modelli normativi virtuosi negli ordinamenti giuridici di altri Paesi. Questa innovativa azione, avviata dalla Farnesina da diversi anni, si fonda sul riconoscimento dell’Italia come Paese capofila nella lotta alle mafie, alla corruzione ed al riciclaggio, e come modello di riferimento per delineare principi, strutture e le migliori tecniche di intervento in questi settori. L’Italia ha contribuito fortemente, ad esempio, all’approvazione del meccanismo di revisione della Convenzione di Palermo contro il crimine organizzato transnazionale (UNTOC) e sta svolgendo un ruolo da protagonista nell’evoluzione del quadro giuridico di molti Paesi, soprattutto latino- americani».
Qual è il ruolo di IILA?
«Siamo “Ente capofila” nel coordinamento delle varie istituzioni italiane – principalmente la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNA), il Ministero dell’Interno ed il Ministero della Giustizia – per la realizzazione di numerosi programmi in materia di giustizia e sicurezza, finanziati sia dall’Unione Europea che dall’Italia, destinati all’America Latina ed ai Caraibi. Una di queste iniziative è intitolata ai giudici Falcone e Borsellino, con l’obiettivo di aiutare i nostri partner latino-americani a contrastare la criminalità organizzata, ancor più minacciosa in questi tempi di pandemia».
Esiste un «made in Italy» giuridico?
«Assolutamente sì. L’Italia ha sviluppato un soft power largamente apprezzato in un’area tematica peculiare del multilateralismo, ed è oggi considerata una “superpotenza” nella lotta alla corruzione e al crimine economico e organizzato. Il nostro Paese si distingue sia per i contenuti – ad esempio, lo statuto speciale antimafia, le leggi sul contrasto patrimoniale, l’istituto dei collaboratori di giustizia – sia per il metodo, attuato in base al criterio della co-ownership, cioè della piena condivisione delle azioni con i paesi destinatari o beneficiari dei nostri programmi, una “best practice “ riconosciuta dal G20 e dall’Unione Europea».
Esempi?
«Ve ne sono vari. L’aggiornamento dei quadri normativi in tema di confisca nel triangolo nord della America centrale (Guatemala, Salvador, Honduras). La creazione di nuove forze di polizia penitenziaria (Brasile), l’aumentato l’uso dei braccialetti elettronici per i crimini minori (Costa Rica), l’intelligenza penitenziaria per il contrasto all’infiltrazione dei gruppi criminali emergenti (come il Primero Comando da Capital) nelle prigioni latinoamericane. Nell’ambito del recentissimo Programma UE EUROFRONT, abbiamo sviluppato una piattaforma di analisi delle modalità di azione della criminalità transfrontaliera e del contrabbando ai tempi del Covid 19. A giorni, infine, avvieremo un nuovo programma UE (COPOLAD), focalizzato sulle politiche di contrasto alle droghe».
Qual è la sfida più importante per la diplomazia giuridica in America latina oggi?
«La prima sfida riguarda la diffusione della cultura della legalità. È necessario favorire il coordinamento interistituzionale tra i distinti attori dei Paesi partner latinoamericani, potenziando il dialogo tra le rispettive forze di polizia, la magistratura, il sistema penitenziario e l’esecutivo. Infine, considerato che il crimine è sempre più transnazionale (si pensi, ad esempio alle tratte ed al narcotraffico), è cruciale rafforzare la cooperazione giudiziaria e di polizia a livello internazionale».